ANSA / MATTEO BAZZI
Locatelli, invece del solito soufflé o risotto all’onda, ha portato in tavola un invito semplice, diretto, ben condito di senso civico: “Andate a votare”.
In cucina si parla di ingredienti, ma ogni tanto è il momento di parlare anche di coscienza. E lo fa uno chef che con i fornelli ci sa fare sul serio, ma anche con le parole: Giorgio Locatelli, volto noto della ristorazione e giudice amato di MasterChef, stavolta ha servito un piatto decisamente fuori menu. Invece del solito soufflé o risotto all’onda, ha portato in tavola un invito semplice, diretto, ben condito di senso civico: “Andate a votare”.
Sì, avete letto bene. Lo chef stellato, ospite al Festival della TV di Dogliani (Cuneo), è salito sul palco non solo per parlare di cucina, ma anche per ricordarci che la democrazia non è un ingrediente scontato. E lo ha fatto passando dai microfoni della CGIL Piemonte, con la naturalezza di chi impasta pasta fresca da una vita: “È un diritto per cui abbiamo combattuto. È un diritto. Dobbiamo andare a votare, tutti”.
Il video è apparso sui profili social della CGIL e, sebbene non nasconda una certa inclinazione per una posizione referendaria (una simpatica signora inquadrata regge un bel mazzo di volantini con su scritto “si vota sì”), il cuore del messaggio è uno solo: partecipare. Così come una cucina non può funzionare senza materia prima, una democrazia non può reggersi senza cittadini consapevoli. E allora l’invito, oggi più che mai, è a mettere le mani in pasta, ma anche le crocette sulla scheda.
Locatelli, del resto, non è nuovo a discorsi dal sapore civile. Anche parlando di cucina, riesce sempre a inserire un pizzico di riflessione sociale. Al Festival di Dogliani, di fronte a un pubblico attento (tra cui anche Anna Zhang, vincitrice di MasterChef 14), ha ribadito con forza un concetto che gli sta a cuore: la contaminazione è ricchezza. “I piatti più geniali di MasterChef sono venuti dai figli di immigrati”, aveva detto qualche mese fa. E ora lo ripete. Perché, che sia nel piatto o nella società, la diversità è l’ingrediente segreto che fa la differenza.
Mai come oggi – ed è questo il vero sugo di tutta la faccenda – è chiaro che cibo e politica siedono allo stesso tavolo. Non esiste cucina senza identità, senza provenienza, senza mescolanza. E non esiste futuro senza la consapevolezza di quello che possiamo scegliere, votando. Proprio come scegliere cosa mettere nel piatto, anche decidere dove mettere una croce sulla scheda è un atto di gusto, responsabilità e libertà.
Perciò, mentre impastate, mentre fate lievitare la vostra pizza imbottita o aspettate che la torta sabbiosa si raffreddi, pensateci: la democrazia è una ricetta collettiva. E ogni voto è un cucchiaio di quel composto. Fatelo vostro. Inforcate occhiali e tessera elettorale, e portate a tavola il vostro contributo. Parola di chef.