Marco Marra, esperto di Cyber Security con molti anni di esperienza nella prevenzione e gestione delle minacce cibernetiche: “I deepfake rappresentano una delle minacce digitali più insidiose del nostro tempo”
In un’epoca in cui la cucina è diventata spettacolo, marketing e identità, anche il mondo gastronomico non è immune dalle nuove minacce digitali. A lanciare l’allarme è Marco Marra, esperto di Cyber Security con anni di esperienza nella protezione da minacce informatiche, intervenuto ai microfoni di alanews: “I deepfake rappresentano una delle minacce digitali più insidiose del nostro tempo”.
E se fino a ieri sembravano una questione per politici o star del cinema, oggi i deepfake toccano da vicino anche gli chef stellati, i food influencer e le piattaforme di contenuti gastronomici. Video falsi che mostrano uno chef mentre rilascia dichiarazioni offensive, scredita colleghi o promuove prodotti mai utilizzati realmente. Oppure tutorial manipolati per far sembrare “autentiche” delle ricette mai cucinate davvero.
“Parliamo di contenuti audio e video generati tramite intelligenza artificiale, capaci di imitare voce, volto e movimenti di una persona reale – spiega Marra –. La loro diffusione crescente, specie sui social, mina la fiducia nella veridicità delle fonti visive”. E questo può avere conseguenze pesantissime: dalla perdita di credibilità per un professionista del settore food, al danno economico per aziende partner e sponsor.
Immaginiamo un video in cui uno chef noto promuove un prodotto scadente o critica duramente una scuola di cucina, salvo poi scoprire che si tratta di un contenuto completamente falso. La reputazione, che nella cucina è fatta anche di etica, trasparenza e coerenza, può crollare in un istante.
Ma come ci si difende? “Esistono strumenti per smascherare i deepfake – afferma Marra – come algoritmi di rilevamento, software forensi o metodi di autenticazione basati su blockchain”. Tuttavia, sottolinea, la tecnologia da sola non basta. È necessaria una maggiore consapevolezza da parte degli addetti ai lavori e degli utenti: “Chef, blogger e appassionati devono imparare a riconoscere contenuti manipolati e ad adottare buone pratiche digitali”.
E non basta formare solo chi sta davanti alla telecamera. Servono leggi aggiornate, come l’AI Act europeo, e soprattutto un impegno serio da parte delle piattaforme digitali per monitorare e rimuovere rapidamente i contenuti falsi.
Nel mondo della cucina 2.0, dove una video-ricetta virale può fare la fortuna di un ristorante o distruggerne la reputazione, l’autenticità non è più solo un valore gastronomico, ma anche digitale. Perché oggi, prima ancora di controllare la freschezza degli ingredienti, bisogna essere certi che chi ci parla… sia davvero chi dice di essere.