Cenare alle 22 fa davvero male? La verità sorprende chi ama mangiare tardi

Cena

Cenare tardi fa davvero male?-sfogliatelleattanasio.it

Franco Vallesi

Agosto 22, 2025

Tra ritmi circadiani, reflusso e digiuno intermittente, la verità è più semplice di quanto sembra.

In un articolo pubblicato sull’edizione britannica di GQ ci si interroga su un dilemma più da thread su Reddit che da convegno medico: cenare all’ora degli americani o a quella degli spagnoli? Meglio mangiare alle 18 come in Iowa, o lasciarsi andare a una cena da veri nottambuli, stile Madrid, alle 22 passate? La risposta, a metà tra biologia e abitudini culturali, non è così scontata.

Cenare presto aiuta il sonno, ma solo se vai a dormire dopo

Il punto più citato nell’articolo è il consiglio di finire la cena almeno tre ore prima di andare a letto. Lo dice Valter Longo, uno dei nomi più ricorrenti nel mondo della longevità. E sì, un fondamento scientifico c’è. Il corpo segue ritmi circadiani, quel meccanismo interno che ci fa capire quando è ora di dormire, svegliarci o – nel peggiore dei casi – sentirci affamati alle 23.

Mangiare
Cosa dicono gli esperti riguardo il cenare ad ore tardive?-sfogliatelleattanasio.it

Mangiare tardi può alterare questo ritmo: il cervello riceve segnali da stomaco e ormoni e rischia di non capire più se deve rilassarsi o restare attivo. Se poi ci mettiamo il reflusso, la digestione lenta o l’abitudine a coricarsi subito dopo cena, il quadro si complica. I succhi gastrici salgono, il sonno si spezza, la mattina ti svegli con la bocca amara e il ricordo di una cena troppo pesante.

Gli studi osservazionali collegano la cena tardiva a disturbi del sonno e problemi metabolici come glicemia alta o insulino-resistenza. Ma attenzione: si parla di correlazione, non di causa. Chi cena tardi spesso ha lavori su turni, vive in città rumorose o semplicemente non riesce a organizzarsi prima. Non è l’orologio a fare il danno, ma tutto quello che c’è attorno.

Finestra alimentare ristretta e cena leggera: vale davvero la pena?

Un altro concetto ripreso nell’articolo è il digiuno intermittente, o più precisamente il “time-restricted eating”: mangiare in una finestra di 8 o 12 ore e poi lasciare il corpo a riposo digestivo. In teoria funziona. Diversi studi su animali (e alcuni su umani) mostrano che questo approccio può migliorare pressione, glicemia e persino la composizione corporea. In pratica? Dipende dalla persona.

Molti esperti concordano sul fatto che funziona se riesci a mantenerlo. Meglio una finestra non perfetta ma sostenibile che una rigida che dura due giorni. Mangiare solo al mattino per poi digiunare fino a sera suona bene sulla carta, ma nella vita reale spesso finisce con una scatola di gelato mangiata di nascosto alle due di notte.

E quel vecchio detto “colazione da re, pranzo da principe, cena da povero”? Suggestivo, ma un po’ datato. Chi si allena di pomeriggio ha bisogno di un pasto serale completo. E mangiare un po’ di carboidrati a cena può addirittura aiutare il sonno, stimolando serotonina e melatonina.

Alla fine, il punto centrale è un altro: non è tanto l’orario in sé, ma cosa e quanto metti nel piatto. Puoi anche cenare alle 22 se mangi in modo equilibrato e vai a dormire all’una. Il problema nasce quando chiami “cena” una birra, patatine e dolci, e poi ti chiedi perché dormi male e ti svegli stanco.

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