
ANSA/INGV
Scene da film ma tra i filari dei vigneti, nei paesi dove si fanno crescere pistacchi e si fermentano vini dal carattere inconfondibile, nessuno ha perso il sonno
Ci sono luoghi in Italia dove la cucina convive con la terra che fuma, letteralmente. È il caso dell’Etna, che pochi giorni fa ha regalato l’ennesimo spettacolo pirotecnico, con colate laviche, cenere vulcanica e l’immancabile fuga di turisti immortalata dai media. Scene da film, certo, ma tra i filari dei vigneti, nei paesi dove si fanno crescere pistacchi e si fermentano vini dal carattere inconfondibile, nessuno ha perso il sonno. E nemmeno l’appetito.
Un’eruzione da copertina, ma senza danni a tavola
Il 2 giugno, mentre l’Italia brindava alla Festa della Repubblica, il vulcano più attivo d’Europa ha pensato bene di ricordare la sua presenza. Tre le colate laviche registrate, tutte in fase di raffreddamento già in serata, come comunicato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La cenere è arrivata anche a Bronte – dove il pistacchio è un’istituzione più che un ingrediente – ma senza compromettere raccolti o coltivazioni.
A rassicurare per primi sono stati i vignaioli dell’Etna, che da generazioni coltivano la vite sulle pendici laviche e convivono con la potenza della natura come parte integrante del mestiere. Salvino Benanti, storico produttore, ha spiegato: “È successo tutto in alta quota, le vigne sono rimaste intatte. I lapilli pesanti sono ricaduti vicino ai crateri, la sabbia sottile non ci dà fastidio”.
Il vulcano che nutre, non che distrugge
Da queste terre così fertili e complesse, nascono alcune delle espressioni più affascinanti della viticoltura italiana: Etna Bianco, Etna Rosso, vini che parlano di minerali, freschezza e altitudine. Non è un caso che anche il celebre critico James Suckling abbia confermato il suo viaggio tra le cantine: “Tutto regolare, nessuna cancellazione. Si va!”
La verità? Sull’Etna si sa che l’eruzione fa parte del paesaggio, come il fumo del forno a legna o l’aroma di capperi sotto sale. E anche stavolta nessun danno alle vigne, alle case, né agli aeroporti. Solo qualche minuto di ritardo e molta curiosità globale.
Sapori intatti e più autentici che mai
C’è un valore, però, che questo episodio rilancia con forza: la resilienza gastronomica del territorio. Da secoli, qui si coltiva e si cucina con il vulcano alle spalle, sapendo che ogni ingrediente porta con sé una storia di fuoco e di pazienza. Pensiamo ai pistacchi di Bronte, ai formaggi affinati in grotta, ai mieli di castagno e ai pomodori di montagna: tutto conserva un’impronta forte, quasi ancestrale, che affascina chi ama il gusto profondo della terra.
Quando il cratere fuma… si cucina comunque
Alla fine, quello che per molti è stato uno “spavento da breaking news”, sull’Etna è poco più di una parentesi. Il pane continua a lievitare, il vino a maturare, i forni a sfornare dolci alla mandorla e granite al limone. Perché qui, il sapore è più forte della paura, e ogni piatto racconta un paesaggio che non si può spegnere. Nemmeno con la lava.