Immaginate di camminare tra le dolci colline che segnano il confine naturale tra Romagna, Marche e Umbria. I campi coltivati, i filari di viti, le distese di ulivi sembrano raccontare storie di vita contadina, di fatica e di resilienza. Eppure, sotto quei terreni che a prima vista paiono immobili, si cela un segreto che ha attraversato i secoli: il formaggio di fossa, autentico capolavoro gastronomico italiano nato più per necessità che per scelta.
La sua origine si lega ai tempi duri del Medioevo, quando razzie e saccheggi obbligavano i contadini a proteggere le loro provviste. Grano, salumi e soprattutto formaggi venivano nascosti dentro cavità scavate nel tufo o nell’arenaria. Quello che era un semplice stratagemma di sopravvivenza, però, si trasformò col tempo in una vera e propria arte casearia capace di regalare al mondo uno dei prodotti più affascinanti e ricercati della nostra tradizione.
La pratica dell’infossatura cambiò per sempre il destino del formaggio: quell’ambiente chiuso, umido e privo d’aria non si limitava a conservare il cibo, ma lo trasformava radicalmente. Le forme, avvolte in sacchi di tela e lasciate maturare nel ventre della terra, subivano una metamorfosi: la pasta diventava friabile, i profumi si arricchivano di note di sottobosco, fieno, tartufo e frutta secca, e persino il colore si faceva più intenso, passando dal bianco avorio a un giallo ambrato profondo. Nasceva così un prodotto che non somigliava più a un semplice formaggio, ma a un racconto da gustare con tutti i sensi.

Dalla necessità alla Dop: il Formaggio di Fossa di Sogliano
Il nome che più di tutti incarna questa tradizione è il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, riconosciuto dal 2009 come eccellenza protetta dall’Unione Europea. Le sue radici affondano in Sogliano al Rubicone, un borgo che già nel Trecento decise, grazie alla famiglia Malatesta, di regolamentare le fosse per conservarvi il formaggio. Da allora, la pratica si è tramandata immutata, al punto da trasformarsi in un rito annuale che oggi richiama migliaia di visitatori e appassionati.
Il processo produttivo è tanto complesso quanto affascinante. Si parte dal latte vaccino, ovino o misto, proveniente da animali di razze selezionate. Dopo una prima stagionatura, le forme vengono infilate in sacchi di cotone o tela e calate dentro le fosse preparate con cura. Queste cavità sotterranee, rivestite con paglia, vengono sigillate con legno e gesso, dando inizio a una fermentazione che dura almeno 90 giorni. Durante questo periodo, il formaggio perde circa il 10% del peso e si libera naturalmente dal lattosio, diventando più digeribile.
Il momento più atteso è la sfossatura, che avviene tradizionalmente il 25 novembre, giorno di Santa Caterina. A Sogliano, questa data è celebrata con una fiera che è insieme mercato, festa popolare e spettacolo per gli occhi. Le fosse vengono aperte e le forme estratte, mostrando il frutto di mesi di attesa: forme irregolari, prive di crosta, con la superficie umida e un aroma intenso che invade le strade del borgo. È l’incontro tra storia, natura e cultura gastronomica che da secoli rende unico questo prodotto.
All’assaggio, il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop non tradisce le aspettative: la pasta semi-dura e friabile racchiude aromi intensi, con sentori di muffa, tartufo e bosco. Il gusto varia a seconda della tipologia: più deciso e persistente nel pecorino, più delicato nel vaccino, con note amarognole nel misto. È perfetto da gustare in purezza, magari con miele o marmellate, ma anche come ingrediente per risotti, passatelli, crostini e piatti tipici che assumono una marcia in più grazie a questo sapore così inconfondibile.
Il formaggio di fossa non è soltanto un alimento: è un simbolo della capacità italiana di trasformare la difficoltà in eccellenza, un esempio di come la sapienza contadina abbia saputo dialogare con la natura per creare qualcosa di irripetibile. Ogni forma racchiude secoli di storia, il lavoro silenzioso di intere generazioni e un territorio che ha saputo difendere la propria identità. Assaggiarlo significa compiere un viaggio nel tempo e nello spazio, immergendosi in un rito che ancora oggi unisce comunità, cultura e gusto. Per questo, chi non l’ha mai provato dovrebbe concedersi almeno una volta l’emozione di scoprire questo tesoro nascosto: un formaggio che nasce sotto terra ma che, una volta portato alla luce, brilla come una delle gemme più preziose della nostra enogastronomia.