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Con l’estate ormai in pieno svolgimento, il gelato, simbolo indiscusso della stagione calda, rappresenta anche un esempio concreto delle difficoltà economiche che stanno colpendo il consumatore medio italiano. L’aumento del prezzo del gelato è un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto proporzioni significative, con impatti diretti sia sulle tasche dei cittadini sia sulla stessa offerta del mercato.
Le ragioni dietro l’aumento del prezzo del gelato
Negli ultimi tre anni in Italia, il costo medio del gelato è cresciuto di circa il 30%, superando nettamente l’inflazione ufficiale, che nello stesso periodo si è attestata intorno al 15,7%. Secondo le analisi di Federconsumatori, l’aumento più marcato riguarda il gelato confezionato, sia in stecca (+24%) che in vaschetta (+23%), con un incremento complessivo che sfiora il +42% rispetto al 2021 e addirittura un +138% dal 2002.
Alla base di questo trend vi sono molteplici fattori, con protagonisti indiscussi i rincari delle materie prime: latte, zucchero, cacao, nocciole e pistacchi. Il cacao, in particolare, ha registrato un’impennata dei prezzi, salendo del 358% nel 2023, a causa di eventi climatici estremi, malattie delle piante come il “Black Pod” e il “Cacao Swollen Shoot”, nonché della speculazione sui mercati internazionali. Le principali aree di produzione, quali Costa d’Avorio e Ghana, hanno subito gravi difficoltà, riducendo l’offerta e facendo impennare i costi.
Oltre agli ingredienti, un altro elemento di spicco è il caro-energia: i costi per mantenere attivi i macchinari di produzione, i congelatori per la conservazione e i mezzi refrigerati per il trasporto sono lievitati, contribuendo in modo consistente all’aumento finale del prezzo del gelato al consumo.
Il fenomeno della shrinkflation: gelati più piccoli a prezzi più alti
Non è solo il prezzo a preoccupare i consumatori, ma anche la riduzione delle quantità offerte. La cosiddetta shrinkflation, ovvero l’inflazione nascosta, si traduce nel diminuire le porzioni o la dimensione dei prodotti mantenendo invariati o incrementando i prezzi. Nel caso dei gelati confezionati, i dati mostrano come, dal 2002, i gelati a stecca siano diminuiti in media del 15% di volume.
Curiosamente, mentre nei punti vendita artigianali i coni diventano più grandi e ricercati, con prezzi in crescita che possono arrivare fino a 5 euro per un cono piccolo nelle zone centrali di Roma, il gelato industriale si restringe, facendo percepire ai consumatori un peggior rapporto quantità-prezzo.
Differenze territoriali e strategie di mercato
L’aumento del prezzo del gelato non è uniforme su tutto il territorio nazionale. Le città più care includono Forlì (8,28 euro/kg), Firenze (7,79 euro/kg) e Milano (7,08 euro/kg), mentre città come Cuneo (4,21 euro/kg) e Arezzo (4,59 euro/kg) risultano più contenute nei prezzi. Anche il gelato artigianale segue questa variazione, con costi più elevati soprattutto nelle località turistiche e nei grandi centri urbani.
Per fronteggiare queste difficoltà, molti gelatieri stanno investendo in innovazioni di prodotto, cercando di diversificare gusti e formati, e puntano su una filiera più sostenibile, collaborando con fornitori locali per contenere i costi delle materie prime. La sostenibilità è infatti un tema centrale, come sottolineato dall’Organizzazione Internazionale del Cacao (ICCO), che promuove pratiche agricole rispettose dell’ambiente e il miglioramento delle condizioni di lavoro degli agricoltori, fondamentali per assicurare una produzione stabile e di qualità.
Nel contempo, alcune gelaterie artigianali decidono di assorbire parte dell’aumento dei costi per non gravare eccessivamente sui clienti, mantenendo alta l’attenzione sulla qualità, nonostante il contesto economico sfavorevole.