Perché l’Italia gioca in azzurro: la storia poco nota del colore che ha fatto la storia del calcio

Blu

Perchè la nazionale si chiama "Squadra Azzurra"? Ecco svelato l'arcano mistero-sfogliatelleattanasio.it

Franco Vallesi

Agosto 9, 2025

Dalla monarchia dei Savoia alle vittorie mondiali: perché il colore della Nazionale italiana non è il verde, bianco o rosso.

Quando l’Italia scende in campo, non lo fa mai con i colori della bandiera. Nessun verde, nessun bianco o rosso sulle maglie da gara. Solo un azzurro intenso, diventato con il tempo il simbolo assoluto dello sport italiano. Un colore così riconoscibile da essere ormai un nome proprio: “gli Azzurri”. Ma questa scelta cromatica, così lontana dal tricolore, non nasce per caso. Ha una storia precisa, radicata nella monarchia e nella tradizione araldica, e risale a un preciso momento del passato.

Il blu Savoia e quella partita del 1911: come nasce il colore della Nazionale

La data che segna l’inizio della maglia azzurra è il 6 gennaio 1911, giorno in cui la Nazionale Italiana di calcio affrontò l’Ungheria. Fino ad allora, gli Azzurri non esistevano. La squadra vestiva una divisa bianca, con lo stemma della Casa Savoia cucito sul petto. Quel giorno, per la prima volta, gli undici in campo indossarono una maglia blu intenso, il cosiddetto “azzurro Savoia”, che sarebbe poi diventato la divisa ufficiale.

Bandiera
I colori della bandiera italiana non rispecchiano i colori della nostra nazionale. Ma perchè?-sfogliatelleattanasio.it

Questa tonalità non fu scelta a caso: era il colore araldico della dinastia dei Savoia, che regnava sull’Italia unita sin dal 1861. Un blu ricco, legato da secoli alla Vergine Maria, alla quale la casata era devota. La presenza della croce sabauda(bianca su fondo rosso) sulla divisa ne confermava ulteriormente l’origine monarchica. L’azzurro, quindi, nacque come omaggio diretto alla monarchia, e fu adottato ben prima che il Paese diventasse repubblicano.

Col tempo, quella scelta divenne molto più di un tributo. Divenne un’identità visiva, un riferimento comune che ha attraversato decenni e regimi, sopravvivendo persino alla fine della monarchia nel 1946. Il colore restò, anzi si rafforzò, diventando simbolo nazionale anche per le altre discipline: atletica, nuoto, basket, volley. Ovunque c’era l’Italia, c’era l’azzurro.

Dalla monarchia alla Repubblica: come l’azzurro è diventato un patrimonio collettivo

Dopo la fine della monarchia, l’Italia avrebbe potuto cambiare. Eppure non lo fece. L’azzurro non fu abbandonato, nemmeno quando il Paese divenne Repubblica Italiana. Non fu sostituito dal tricolore, né modificato. Rimase il segno distintivo di chi rappresenta la Nazione nello sport. Il calcio, che per primo lo introdusse, fu anche quello che lo rese più celebre: con l’azzurro l’Italia vinse quattro Mondiali, due Europei e mille altre partite diventate memoria collettiva.

Il soprannome “gli Azzurri” nacque proprio da lì, da quelle prime divise del Novecento. Un’espressione che è passata da essere una semplice etichetta a diventare un’identità culturale. L’azzurro ha unito milioni di persone negli stadi, nei salotti, nelle piazze. Ha sventolato su ogni medaglia olimpica, su ogni coppa alzata sotto il cielo.

C’è chi ha provato a spiegarne l’origine con leggende curiose – come quella della nevicata che avrebbe reso impraticabile l’uso delle maglie bianche – ma le fonti storiche parlano chiaro: la scelta fu consapevole e simbolica. L’Italia decise di portare sul petto il blu della sua storia, anche dopo che quella storia era finita.

E oggi, a distanza di oltre un secolo, quel colore continua a parlare. Di orgoglio, appartenenza, tradizione. Di sport, sì, ma anche di memoria condivisa.

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